Il volto umano della Solida. Vi presentiamo Ivan.
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La storia, i valori e la visione di chi ha fatto crescere La Solida. Ecco cosa ci racconta Ivan.
Chi guida davvero non lo fa solo con le mani. Lo fa con il cuore.C’è una forza tranquilla in chi lavora senza clamore, ma lascia un’impronta che resiste nel tempo.
C’è l’umanità di chi ha tenuto in piedi un’azienda con le proprie mani e con la testa dura di chi non molla, anche quando sarebbe più facile.
Ivan Mabellini è uno di loro.
Non ama raccontarsi troppo, ma ascoltarlo è come aprire un libro di storia.
Una storia fatta di cambiamenti, intuizioni e radici ben piantate nella realtà.
“Non abbiamo avuto scuole. Abbiamo imparato facendo. E sbagliando.”
Dal 1947 a oggi, La Solida ha cambiato sede, materiali, nomi alla sua guida. Ma non ha mai cambiato spirito.
Nata a Padenghe come azienda di serbatoi in cemento, si è poi trasferita a Bedizzole, dove questo tipo di lavorazione era quasi una tradizione. Ma il mondo stava cambiando, e con lui anche le esigenze del mercato.
Serve una scelta coraggiosa: convertire tutta la produzione all’acciaio inox. Nessuno gli insegna come fare, eppure ci crede. Visione, sì. Ma anche testardaggine, intuito e un profondo senso di responsabilità verso chi gli sta accanto – in famiglia e in azienda.
“La famiglia che mi ero costruito è sempre stata al centro.”
Nelle sue parole si legge una fatica silenziosa, quella di chi ha vissuto il lavoro come dovere, come protezione, come impegno per dare continuità e dignità a qualcosa che non doveva servire solo per produrre, ma per durare.
“Solo la volontà di fare le cose bene, di creare qualcosa che durasse. Che potesse sostenere non solo un’attività, ma anche una famiglia.”
Ivan ha guidato La Solida cercando persone che avessero voglia: di risolvere i problemi, di lavorare insieme, di farcela. Alcune di quelle persone sono diventate colonne portanti, come Anna, storica figura dell’amministrazione.
“Anna è con me dagli inizi. Gran parte della nostra vita lavorativa l’abbiamo fatta insieme.”
E non fa distinzioni: nessuno, per lui, è mai stato “solo un dipendente”.
“Dal primo all’ultimo, per me c’è massimo rispetto.”
Nel tempo, ha affrontato cambiamenti difficili da accettare, nuove sfide e anche qualche paura. Ma l’ingresso dei figli in azienda ha aperto nuove strade. Oggi li guarda con orgoglio e con quell’occhio critico tipico di ogni padre.
“Sono felice. Non è scontato che i figli vogliano seguire l’azienda del padre.” “Le discussioni ci sono, ma vuol dire che la cosa interessa.”
Li spinge a crescere, li lascia discutere. E mentre loro innovano, lui continua a trasmettere i pilastri su cui si è costruita La Solida: rispetto, serietà, qualità, parola data.
“Non mi piace portare dentro lavori sapendo già che non rispetterò gli accordi. La parola data al cliente per me è determinante.”
In un’epoca in cui tutto corre veloce, Ivan ha fatto della serietà un marchio di fabbrica.
Se potesse lasciare una sola lezione ai figli, non sarebbe tecnica. Sarebbe umana.
“Serietà. Verso tutti: dipendenti, clienti, fornitori. Essere una persona affidabile. Sempre.”
Il futuro? Lo guarda con realismo e una gentile preoccupazione, quella di chi sa cosa significa proteggere qualcosa. Ma anche con fiducia: perché sa che i valori buoni fanno più strada delle mode.
“Vorrei che non si perdesse la relazione con le persone. Che i miei figli la coltivassero ancora meglio di me.”
A guardarla da fuori, forse La Solida è anche il suo ritratto: concreta, in evoluzione, un po’ stretta negli spazi ma larga nei valori.
Non perfetta. Ma vera. Una realtà che non promette miracoli, ma mantiene la parola data. Che si sporca le mani e resta al fianco di chi la fa crescere ogni giorno.
E forse è proprio questa, oggi, la sua vera eredità.
Non un nome. Ma un modo di essere.